LA CASSAZIONE (sentenza n. 8525 del 6 aprile 2018) DELINEA L' AMBITO APPLICATIVO DELL'ART. 184 C.C. IN CASO DI PRELIMINARE FIRMATO DA UN SOLO CONIUGE
Con la sentenza n. 8525 del 6 aprile 2018 la Cassazione chiarisce che l'art. 184 c.c. non può essere applicato nel caso di preliminare di vendita di bene immobile appartenente ai coniugi in comunione legale se alla scrittura privata hanno preso parte entrambi i coniugi, ma essa è stata poi sottoscritta da uno solo di essi.
L'art. 184 c.c. disciplina l'ipotesi di negozio eccedente l'ordinaria amministrazione (per il quale l'art. 180 c.c. stabilisce la necessità del consenso congiunto dei coniugi in comunione legale) compiuto da uno solo dei coniugi senza il consenso dell'altro, e prevede che gli atti che riguardano beni immobili o beni mobili registrati compiuti da uno solo dei coniugi senza il necessario consenso dell'altro sono annullabili, purché l'azione di annullamento sia promossa dall'altro coniuge entro un anno dalla conoscenza dell'atto o dalla trascrizione di esso.
I fatti di causa riguardavano un preliminare per scrittura privata in cui era dato leggere che "entrambi i coniugi promettono di vendere" un bene in comunione legale, ma la scrittura veniva poi firmata dal solo marito, e non anche dalla moglie.
Il promissario acquirente citava in giudizio i coniugi al fine di ottenere una sentenza produttiva degli effetti del definitivo non concluso, ai sensi dell'art. 2932 c.c., ed il Tribunale adito accoglieva l'istanza.
Il Giudice di prime istanze riteneva possibile la sentenza ex art. 2932 in quanto giudicava tardiva la domanda riconvenzionale presentata dai convenuti per ottenere l'annullamento del negozio ai sensi dell'art. 184 c.c., giacché proposta oltre l'anno da quando si era avuto notizia del contratto.
La Corte d'Appello, invece, successivamente adita dai coniugi soccombenti in primo grado, riformava la decisione del Tribunale in senso sfavorevole al promissario acquirente, ritenendo che il preliminare non poteva essere ritenuto valido ed azionabile in giudizio ex 2932 c.c.
In particolare, secondo i Giudici d'Appello al preliminare per scrittura privata di cui sopra non poteva essere applicato l'art. 184 c.c., giacché non di contratto annullabile si trattava, ma di negozio nullo per mancanza del consenso di uno dei contraenti, requisito essenziale ai sensi dell'art. 1325 c.c. per la validità del contratto preliminare.
La Suprema Corte, con la sentenza 8525/2018 ha aderito alla ricostruzione della Corte d'Appello, la quale aveva richiamato il principio di diritto secondo cui "in regime patrimoniale di comunione legale, il disposto dell'art. 184 c.c. presuppone l'effettiva autonoma disposizione di un bene comune da parte di uno solo dei coniugi, pertanto non si applica nel caso in cui tutti i contraenti siano a conoscenza della comunione dei beni tra i coniugi e questi ultimi figurino entrambi nel contratto come venditori, atteso che in tal caso il mancato consenso di uno dei due impedisce il sorgere di una valida obbligazione neanche a carico dell'altro".
La Cassazione precisa che il detto principio di diritto, espresso dalla precedente Cass. n. 3647 del 2004, "era stato pronunciato rispetto ad una identica fattispecie negoziale e non è mai stato specificamente negato dalla successiva giurisprudenza di legittimità".
Nella pronuncia della Suprema Corte è dato leggere che "la Corte d'Appello ha correttamente escluso l'applicabilità dell'art. 184 c.c., il quale presuppone l'avvenuta effettiva autonoma disposizione di un bene comune da parte di uno solo dei coniugi, situazione, questa, non certamente equiparabile a quella di specie, in cui la mancata prestazione del consenso da parte di uno dei coniugi, espressamente indicato nell'atto quale contraente, non ha mai consentito il sorgere di una valida obbligazione neppure a carico dell'altro, attesa la nullità del contratto per mancanza di tale requisito essenziale (ai sensi degli artt 1325 e segg c.c.)".
Correttamente e lucidamente i Giudici di legittimità hanno rilevato che "[...]non si tratta, dunque, di rifarsi alla peculiare natura della comunione legale tra i coniugi, ed agli effetti del consenso del coniuge rimasto estraneo all'atto di disposizione posto in essere dal solo altro coniuge; ne' alla qualificazione del consenso quale negozio unilaterale autorizzativo atto a rimuovere il limite all'esercizio del potere dispositivo sul bene (come affermato da giurisprudenza richiamata dal ricorrente) [...] per cui del tutto correttamente la Corte d'Appello ha evidenziato la peculiarità della fattispecie in esame, che riguarda il caso in cui il coniuge che non presta il consenso è, però, parte contraente a tutti gli effetti senza che poi sottoscriva il contratto, così configurandosi una figura contrattuale del tutto estranea a quanto previsto dall'art. 184 c.c.[...]".
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