NULLITA' DELLA DONAZIONE EFFETTUATA SOLO IN BANCA

19 ottobre 2017

LA DONAZIONE EFFETTUATA ESCLUSIVAMENTE MEDIANTE OPERAZIONE BANCARIA E’ NULLA.

Riflessioni sulla Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 18725 del 27 luglio 2017

 

di Giuseppe Iervolino

 

Sommario: 1.Il principio sancito dalla Suprema Corte. 2. Il caso. 3. La donazione indiretta. 3.1 Il contratto a favore del terzo. 3.2 L’assicurazione a favore del terzo. 3.3 Il deposito bancario. 3.4 L’adempimento del terzo. 3.5 L remissione del debito. 3.6 La rinunzia. 3.7 L’intestazione di beni a nome altrui. 3.8 Il “negotium mixtum cum donatione”. 4. Le donazioni dirette di somme di denaro. 4.1 L’accollo. 5. Brevi riferimenti alla disciplina. 6. Le conclusioni.

  • Il principio sancito dalla Suprema Corte.

 

Il trasferimento a titolo donativo di valori mobiliari, per un importo tale da non far rientrare la fattispecie nella disciplina di cui all’articolo 783 del codice civile, effettuato mediante apposita operazione bancaria, precisamente ordine dato dal donante all’Istituto creditizio di accreditare i titoli depositati su un conto a lui intestato in favore del donatario, rappresenta una donazione diretta tipica ad esecuzione indiretta.

Questo è il principio desumibile dalla sentenza n. 18725 del 27 luglio 2017 nella quale la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affrontato una fattispecie di “particolare rilevanza” – come indicato dalla stessa Corte nell’ordinanza interlocutoria per l’assegnazione alle SS.UU - e, quindi, tenuto conto delle conclusioni in essa riportate, destinata ad avere un notevole impatto pratico, stante il frequente ricorso ad operazioni di questo tipo.

Le conseguenze derivanti dalle conclusioni della Suprema Corte, infatti, saranno riscontrabili sia sull’operatività bancaria che sull’attività propria dei Notai, pubblici ufficiali demandati a rogare i trasferimenti a titolo donativo.

  • Il caso.

 

Come detto, la vicenda riguarda il trasferimento di titoli che un soggetto ha ordinato alla Banca in favore della donataria, non appartenente al suo nucleo familiare, così determinando un trasferimento - eseguito dall’Istituto creditizio in base all’ordine ricevuto – concretizzatosi pochi giorni prima del decesso del donante.

La figlia di quest’ultimo ha citato in giudizio la donataria deducendo la nullità della donazione, essendo stato il trasferimento privo della forma richiesta dalla legge.

Tralasciando gli ulteriori aspetti della vicenda poco interessanti ai fini dell’analisi della fattispecie, la difesa della convenuta si è basata essenzialmente sull’argomentazione che la donazione da lei ricevuta era da intendersi quale donazione indiretta e non donazione diretta. Il Tribunale di Trieste in primo grado ha accolto la domanda attorea scindendo l’operazione in due fasi: a) il trasferimento del valore effettuato inter partes a titolo di donazione; b) la mera fase esecutiva dello stesso, data principalmente dalla particolare natura della res donata, costituita dall’ordine alla Banca di procedere con il trasferimento.

Ne deriva chiaramente come, una volta effettuata questa “scomposizione”, la conclusione del Tribunale non può che essere stata nel senso della nullità della donazione per difetto di forma.

Di diverso avviso la Corte di Appello che in secondo grado ha accolto il gravame della donataria, ribaltando l’esito del procedimento. La Corte di Appello di Trieste ha fatto rientrare l’operazione de quo tra le donazioni indirette e non tra quelle dirette argomentando dalla struttura del negozio donativo e precisando che, per aversi donazione indiretta, non è necessario il collegamento negoziale tra il negozio mezzo (donante – Banca) ed il negozio fine (donante – donatario) ma è sufficiente un solo negozio con il rispetto della forma prevista: l’ordine dato alla Banca – che ovviamente non richiede il requisito formale dell’atto pubblico - è di per sé sufficiente a veicolare lo spirito di liberalità e, quindi, esso era valido ed efficace.

Il tema della struttura della donazione indiretta assume rilievo fondamentale per la soluzione del caso ed è per questo motivo che nella citata ordinanza interlocutoria i Giudici della II Sezione sollevano la “questione se, per aversi donazione indiretta, sia necessaria la presenza di almeno due negozi, o se sia sufficiente un solo negozio o, persino, un mero atto non negoziale.”

  • LA DONAZIONE INDIRETTA.

 

Si ha donazione indiretta ogni qualvolta le parti utilizzano strumenti giuridici diversi dalla donazione tipica ma che consentono lo stesso, in via mediata, di raggiungere l’effetto economico di liberalità. Ci si trova di fronte non ad una categoria unitaria ma ad una serie di condotte eterogenee, negoziali e non, riunite sotto un comune denominatore costituito dal perseguimento dello scopo pratico della donazione, cioè l’arricchimento del donatario a fronte del depauperamento del donante, in assenza di qualsiasi forma di corrispettivo.

Vale la pena, preliminarmente, ricordare che la stessa natura giuridica della donazione indiretta ha destato non poche perplessità in dottrina, nel senso che il suo inquadramento nel negozio indiretto – ove si voglia ammetterne l’esistenza -è tutt’altro che pacifico al punto che le si preferisce la definizione di “liberalità atipica”. Relativamente alla natura giuridica della donazione indiretta, pare ad oggi preferibile l’impostazione di quella parte della dottrina che utilizza lo schema del collegamento negoziale e ritiene che la donazione indiretta (o atipica) sia il risultato della combinazione di due negozi: il cd. negozio mezzo, scelto dalle parti e produttivo degli effetti suoi propri, ed il cd. negozio fine, che integra il primo determinando l’effetto liberale.

Il provvedimento in esame fornisce, come detto, una vera e propria ricognizione delle ipotesi più significative di donazione indirette.

  • Il contratto a favore del terzo.

 

Lo schema di cui all’articolo 1411 del codice civile è utilizzato spesso nella pratica per realizzare una liberalità: lo stipulante, per arricchire il terzo, conclude con il promittente un contratto avente la sua causa tipica (ad es. una compravendita) munendo lo stesso di una clausola accessoria che consente la deviazione degli effetti in capo al terzo. In questo caso, la liberalità è la conseguenza indiretta di un negozio giuridico principale dotato di una causa sua propria. Il provvedimento in commento, quindi, annovera il contratto a favore del terzo tra le ipotesi delle cc.dd. donazioni indirette effettuate mediante l’utilizzo di uno schema negoziale unico.

  • L’assicurazione a favore del terzo.

 

Anche l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo – fattispecie non contemplata nella sentenza in commento - può configurarsi come contratto unico attraverso il quale effettuare una donazione indiretta, se compiuta a fini liberali. Sorge a tal proposito il problema di capire quale sia la res donata, cioè se la donazione ha ad oggetto la somma dei premi versati dal donante ovvero l’indennità corrisposta dall’assicurazione al verificarsi dell’evento morte. Per rispondere a tale quesito, può essere dato rilievo al tenore letterale dell’articolo 741 del codice civile che in tema di collazione impone l’obbligo relativamente a ciò che il defunto “ha speso” per la stipula di contratti di assicurazione a favore dei discendenti: appare evidente che l’oggetto della donazione è costituito dall’ammontare dei premi pagati e non dall’indennità.

  • Il deposito bancario.

 

Il contratto di deposito bancario può essere utilizzato per realizzare una donazione indiretta, come confermato dalla Suprema Corte nella sentenza in esame. Il deposito di una somma di denaro appartenente ad un soggetto e la contestuale previsione nel contratto della cointestazione con firme e disponibilità disgiunte realizza l’obbiettivo di far arricchire il cointestatario senza alcun corrispettivo per il disponente donante.

Analogamente, il disponente può contrarre con la banca un contratto di deposito avente ad oggetto una somma di denaro intestando il relativo libretto a favore di un beneficiario ma con l’accordo ulteriore con la banca di non rendere nota al beneficiario tale intestazione fino alla morte del disponente, così da consentire al donatario la materiale disponibilità della somma solo al verificarsi di tale evento. E’ interessante notare come, seppure la materiale disponibilità della somma si avrà al momento della morte, tale evento non rientra nel meccanismo causale e la fattispecie non può essere qualificata come patto successorio. Ciò anche perché l’acquisto in capo al terzo è immediato ed avviene inter vivos, come si desume dall’articolo 1412, secondo comma, in base al quale la prestazione avverrà a favore degli eredi del beneficiario qualora questi premuoia rispetto allo stipulante.

3.4 L’adempimento del terzo.

Lo strumento giuridico da utilizzare per addivenire alla liberalità indiretta non deve avere necessariamente la natura di contratto; può trattarsi anche di un negozio giuridico unilaterale.

A tal proposito, la sentenza analizza il caso dell’adempimento del terzo nel quale il solvens, per spirito di liberalità, adempie il debito del donatario nei confronti del terzo creditore il quale non può rifiutare il pagamento se non ha interesse alla prestazione personale del debitore ovvero se questi gli ha comunicato la sua opposizione.

  • La remissione del debito.

 

Rientra tra i negozi giuridici unilaterali mediante i quali effettuare una liberalità indiretta anche la remissione del debito. La fattispecie è stata ricostruita dalla dottrina prevalente come negozio unilaterale a causa neutra e può senza dubbio essere utilizzata anche per avvantaggiare il debitore per spirito di liberalità.

  • La rinunzia.

 

Nella ricognizione effettuata, la Suprema Corte affronta anche il tema della rinunzia, negozio giuridico unilaterale che può essere utilizzato per realizzare il proprio scopo donativo. Un’indagine sui motivi che spingono il rinunziante a manifestare la sua volontà in tal senso assume un rilievo fondamentale atteso che l’effetto dell’arricchimento potrebbe prodursi anche in assenza di una volontà donativa. Si pensi, ad esempio, alla rinunzia al diritto di usufrutto che determina il consolidamento del diritto di proprietà e la facoltà del nudo proprietario di disporre del bene quale pieno proprietario ovvero alla rinunzia all’eredità effettuata al fine di beneficiare i figli del rinunziante mediante il meccanismo della rappresentazione. A tal proposito, la Corte di Cassazione si era già precedentemente espressa ritenendo la rinunzia quale donazione indiretta purchè tra la rinunzia stessa e l’arricchimento vi sia una nesso di causalità diretta (Cass. n. 13117/1997): pertanto, essa non richiederà l’accettazione del beneficiario (nudo proprietario) né la forma dell’atto pubblico. Va segnalato come nella pratica, a fini fiscali, precisamente per consentire al beneficiario della rinunzia donatario di accedere a particolari condizioni di favore, si preferisce strutturare la rinunzia corredandola dell’accettazione da parte del beneficiario ma a quel punto siamo nel campo delle donazioni dirette vere e proprie.

3.7 L’intestazione di beni a nome altrui.

La donazione indiretta può anche essere il risultato di una combinazione di più atti e negozi. E’ il caso dell’intestazione di beni a nome altrui che la medesima Corte di Cassazione, sempre a Sezioni Unite, con la sentenza n. 9282/1992, ha definito donazione indiretta del bene e non del denaro.

La fattispecie si verifica assai di frequente nella pratica mediante costituzione in atto dei genitori dell’acquirente donatario i quali, appunto per spirito di liberalità, adempiono all’obbligo di pagamento del prezzo. Altresì, spesso avviene che il definitivo sia anticipato da preliminare con clausola accessoria di riserva di nomina.

Molto più raramente, invece, il genitore dona al figlio la somma di denaro che questi, in perfetta e totale autonomia, utilizza per procedere all’acquisto immobiliare.

La giurisprudenza si è a lungo interrogata sull’oggetto della donazione, tenuto conto delle conseguenze pratiche (ad es. obbligo di collazione) che ne derivano aderendo all’una o all’altra soluzione. Come detto, la questione è risolta nel senso che la donazione ha ad oggetto il bene e non la somma di denaro purchè sia provato il collegamento tra la dazione della somma di denaro e l’intestazione del bene. Tuttavia, nel caso di dazione della somma di denaro e successivo acquisto del bene da parte del donatario in totale autonomia, la stessa Corte ha qualificato quale oggetto della liberalità il denaro e non il bene successivamente acquistato (Cass. n. 26746/2008).

3.8 Il “negotium mixtum cum donatione”.

Nella ricognizione delle donazioni indirette, il provvedimento in oggetto fa rientrare anche la cd. donazione mista cioè il contratto di compravendita effettuato con una notevole sproporzione tra il valore del bene venduto ed il prezzo corrisposto. Nonostante esistessero alcune posizioni dottrinali contrastanti, la Suprema Corte ha qualificato la fattispecie come donazione indiretta (si richiama la più recente, sent. n. 10614/2016). In tale fattispecie, il negozio a titolo oneroso stipulato tra le parti e che dovrà assumere i requisiti formali suoi propri, viene affiancato da un accordo bilaterale concordemente perseguito dalle parti – non deve trattarsi, quindi, di mero motivo individuale di uno dei due contraenti – nel quale emerge la consapevolezza dell’alienante di arricchire l’acquirente. (Cass. n. 19601/2004).

In ogni caso, il corrispettivo – anche se notevolmente sproporzionato al valore del bene compravenduto – deve essere pur sempre qualificato come tale e non ci si deve trovare di fronte ad una cd. “vendita nummo uno”, cioè ad una controprestazione simbolica, la quale è donazione vera e propria che, quindi, necessita di tutti i relativi requisiti formali.

  • LE DONAZIONI DIRETTE DI SOMME DI DENARO.

 

La sentenza in oggetto è chiamata a risolvere un caso molto frequente nella pratica, cioè quello riguardante i trasferimenti a titolo donativo di somme di denaro in generale, nel senso che l’arricchimento ha ad oggetto un valore monetario costituito da titoli depositati in banca.

Ebbene, la Corte di Cassazione fa rientrare nelle donazioni dirette il trasferimento del libretto di deposito di risparmio al portatore: il titolare del libretto trasferisce donandi causa il libretto e ciò al fine di arricchire il donatario con la corrispondente somma di denaro in esso contenuta. Quindi, non si realizza, ad avviso della Corte, un negozio bancario che indirettamente persegue un intento donativo bensì il disponente pone in essere una vera e propria donazione diretta.

Anche i titoli di credito cambiari possono essere utilizzati al fine di raggiungere un intento di liberalità e la donazione così effettuata realizza una donazione diretta ancorchè incorporata nel titolo astratto. E lo stesso dicasi in caso di emissione di assegno a titolo donativo. Entrambi le fattispecie sono sussunte dalla Corte di Cassazione nelle donazioni dirette con conseguente applicazione del rilievo patologico della nullità, opponibile anche al prenditore del titolo, in difetto di forma.

In particolare, l’emissione di assegni circolari intestati alla donataria, ad esempio al fine di costituire a titolo donativo la necessaria provvista per l’acquisto di un immobile, è stata considerata dal provvedimento in esame (che richiama la sentenza della medesima Corte n. 26746/2008) quale donazione diretta per la cui validità è necessario il requisito formale.

  • L’ACCOLLO.

 

Parte della dottrina e la stessa Corte di Cassazione (sent. n. 4618/1983) qualificano l’accollo quale contratto – autonomo e non necessariamente connesso ad un altro del quale costituisca semplice clausola accessoria - attraverso il quale si può indirettamente raggiungere l’intento donativo. Tuttavia, nel caso di un soggetto che, al fine di favorire un familiare aveva stipulato un accollo interno con il quale si era obbligato a corrispondere le rate di mutuo nei confronti della banca accollataria, la Corte di Cassazione – nella sentenza n. 7507/2006, richiamata nel provvedimento di cui al presente lavoro – ravvisa un donazione tipica con conseguente nullità in caso di difetto di forma.

  • BREVI RIFERIMENTI RELATIVI ALLA DISCIPLINA.

 

L’articolo 809 del codice civile del codice civile è una norma che tiene conto dell’estrema eterogeneità della tipologia di atti che possono essere impiegati per il conseguimento dello scopo liberale. Proprio per tale ragione, infatti, dalla norma in esame possiamo desumere che l’impianto normativo volto a disciplinare gli aspetti sostanziali delle donazioni – ancorchè indirette – troverà sempre applicazione; viceversa, le norme che disciplinano la forma del negozio dovranno essere ricercate in sedes materiae, quindi relativamente al negozio mezzo utilizzato, senza applicazione della requisito formale ad substantiam dell’atto pubblico alla presenza dei testimoni, previsto per le donazioni tipiche. Ovviamente, una volta che un trasferimento sia ricondotto nell’ambito della donazione diretta e riscontrata l’assenza del predetto requisito formale (come accaduto nel caso in esame) non potrà che derivarne la nullità (art. 782, primo comma, c.c.) con conseguente restituzione dell’intera res donata indebitamente percepita. La norma in parola sancisce l’applicabilità alle donazioni indirette delle norme dettate in tema di revocazione, riduzione per lesione della quota di legittima, così come sono applicabili quelle relative alla collazione e all’imputazione ex se.

Oltre alla citata disciplina, l’interpretazione dottrinale prevalente, avallata anche dalla giurisprudenza, è nel senso di ritenere applicabili alle donazioni indirette le seguenti norme: artt. 437 (alimenti), 771 (beni futuri), 776 e 777 (incapacità a donare), 779 (incapacità a ricevere la donazione) 787 e 788 (errore sul motivo e motivo illecito), 2901 (azione revocatoria) mentre non si ritiene applicabile l’articolo 2721 circa i limiti alla prova testimoniale.

  • LE CONCLUSIONI.

 

L’inquadramento giuridico del trasferimento donativo effettuato mediante giroconto bancario - fornito dalla Suprema Corte nella sentenza in commento - è nel senso che tale fattispecie rientra nella donazione tipica diretta e non nella donazione indiretta. Più precisamente, la Corte prende le mosse dalla struttura della donazione di titoli depositati in banca, struttura a sua volta determinata dal particolare oggetto della donazione stessa. In particolare, i Giudici di legittimità ritengono che, pur essendo la banca ad eseguire materialmente il trasferimento e non direttamente il disponente, ciò non esclude che tale giroconto avviene solo se alla base vi è un valido titolo giustificativo nei rapporti tra il disponente e il beneficiario: in sintesi, la banca svolge solo il ruolo di intermediario nella gestione dei titoli del donante e non può rifiutarsi in alcun modo di eseguire l’ordine ricevuto.

Tuttavia, ove tale trasferimento avvenga donandi causa, una volta ritenuta la fattispecie quale donazione diretta tipica, ai fini della sua validità e per evitare la ripetizione dell’indebito, è necessario che il trasferimento sia sorretto ed anticipato da apposito atto pubblico di donazione.

L’intervento della banca incide solo sulla fase esecutiva del trasferimento e costituisce una mera “zona di transito” attraverso la quale l’entità patrimoniale viene trasferita dal conto del donante a quello del donatario: pertanto, la donazione è tipica ma ad esecuzione indiretta.

La conseguenza pratica della conclusione della Corte è facilmente intuibile: in caso di assenza di preventivo atto pubblico, il trasferimento è interamente ripetibile; viceversa, ove tale atto pubblico è stato stipulato, la donazione è impugnabile se – e nella misura in cui - lede i diritti dei legittimari.

A questo punto, si può affermare che gli atti diversi attraverso i quali è possibile effettuare una donazione indiretta sono molteplici e possono avere la natura di negozi unilaterali (remissione del debito) o bilaterali (contratto a favore del terzo) oppure essere la conseguenza di un collegamento tra più negozi (intestazione di beni a nome altrui).

Come detto in precedenza, l’ordinanza di rimessione alle SS.UU. contiene un esplicito richiamo ad una fattispecie ancora diversa: può una donazione indiretta essere il frutto “persino di un mero atto non negoziale”?

La sentenza non si esprime su tale possibilità.

Tra gli atti non negoziali fonte, secondo alcuni, di donazione indiretta, rientrerebbe il cd. “comportamento positivo” di chi, edificando a proprie spese un manufatto su suolo altrui, perseguirebbe l’intento donativo a seguito del verificarsi del meccanismo dell’accessione.

Ad avviso di chi scrive, si può dire che questa fattispecie rappresenta un caso emblematico di come nelle donazioni, dirette o indirette, la componente dell’animus donandi ha sempre un rilievo essenziale al punto di essere ritenuto dalla dottrina prevalente (non si può evitare il riferimento a Torrente) e dalla stessa Suprema Corte (Cass. n. 2001/1996) elemento caratteristico e distintivo rispetto agli atti a titolo gratuito: cioè che caratterizza la donazione è la consapevolezza di attribuire un vantaggio ad altri senza esservi costretti.

 

Ebbene, tornando all’edificazione su fondo altrui, non è il comportamento a determinare la donazione bensì la rinunzia all’indennità spettante al costruttore ex articolo 936, secondo comma, del codice civile. Quindi, il donante consapevolmente rinunzia all’indennità essendo mosso da un intento donativo nei confronti del proprietario del fondo.

In conclusione, nel tentativo di dare una risposta a tutti gli interrogativi posti dalla più volte citta ordinanza, si può affermare che gli “atti diversi”, cui si riferisce l’articolo 809, primo comma, del codice civile, sono diverse tipologie di atti di natura unilaterale o bilaterale, anche combinate tra loro, ma sempre di natura negoziale.

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