REVOCAZIONE DEL TESTAMENTO PER SOPRAVVENIENZA DI FIGLI

21 febbraio 2018

IL TESTAMENTO E' REVOCABILE PER SOPRAVVENIENZA DI FIGLI ANCHE QUANDO LA DICHIARAZIONE DI PATERNITA' AVVIENE POST MORTEM ED IL TESTATORE ERA GIA' A CONOSCENZA DEL FIGLIO

(Corte di Cassazione, sezione seconda civile,sentenza 5 gennaio 2018, n. 169)

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 169 del 5 gennaio 2018, si schiera decisamente a favore della revocazione del testamento per sopravvenienza di figli, anche se l'azione per la dichiarazione di paternità è iniziata dopo la morte del de cuius e, soprattutto, anche se risulta che il testatore sapesse di avere un figlio.

Il caso portato all'attenzione dei Giudici riguardava l'impugnazione di un testamento per sopravvenienza di figli ex art. 687 c.c. da parte di una figlia mai riconosciuta, la quale esplicitamente affermava, e dimostrava in giudizio, di aver intrattenuto rapporti con il padre che però non aveva mai voluto riconoscerla.

Dopo la morte del genitore, la figlia aveva intrapreso l'azione giudiziaria per l'ottenimento della dichiarazione di paternità, e, una volta ottenuto il riconoscimento giudiziale della paternità, aveva impugnato il testamento chiedendone la revocazione di diritto ex art. 687 c.c.

La Cassazione, con la sentenza in commento, ha deciso di aderire alla tesi secondo cui l'art. 687 c.c. non è norma che trova fondamento nella tutela della presunta volontà del testatore, ma norma di rilievo pubblicistico che vuol tutelare la famiglia ed i figli, ed ha pertanto accolto il ricorso cassando la sentenza della Corte di Appello che aveva invece aderito alla tesi opposta.

In particolare, i Giudici rilevano che "a fondamento dell’istituto della revocazione del testamento per sopravvenienza di figli, occorre ricordare come la dottrina abbia espresso punti di vista diversi, in quanto, secondo alcuni, il legislatore, tramite la norma dell’art. 687 c.c., avrebbe voluto predisporre una forma di tutela della volontà del testatore che abbia ignorato l’esistenza di figli, o non abbia previsto la loro possibile sopravvenienza, mentre, secondo altri, il legislatore, tramite la norma dell’art. 687 c.c., avrebbe voluto predisporre una speciale forma di tutela degli interessi familiari, e, più precisamente, degli interessi dei più stretti familiari del de cuius, e cioè dei figli, lì dove ignorati o sopravvenuti".

Le due succitate tesi si distinguono per il ruolo assegnato alla volontà del testatore, ragion per cui mentre la prima può essere definita "volontaristica o soggettiva", la seconda è chiaramente improntata ad una ricostruzione di tipo "oggettivo".

A ben vedere, volgendo lo sguardo anche alla revocazione per sopravvenienza di figli della donazione ai sensi dell'art. 803 c.c., mentre "la valutazione della tutela della volontà del donante deve ritenersi che costituisca effettivamente il fondamento della revocazione della donazione per sopravvenienza di figli di cui all’art. 803 c.c., come peraltro di recente affermato da Cass. n. 5345/2017, che ha appunto ribadito che la revocazione della donazione per sopravvenienza di figli o discendenti, è preclusa ove il donante avesse consapevolezza, alla data dell’atto di liberalità, dell’esistenza di un figlio ovvero di un discendente legittimo", la revocazione del testamento ex art. 687 c.c. "ha un fondamento oggettivo, individuabile nella modificazione della situazione familiare in relazione alla quale il testatore aveva disposto dei suoi beni".

La Corte, pertanto, distingue nettamente il fondamento della revocazione della donazione ex art. 803 c.c., da quello della revocazione del testamento ex art. 687 c.c.., ed, infatti, afferma che "deve darsi seguito a tale valutazione della norma in chiave oggettiva nell’ottica preminente della tutela dei figli, senza che tale soluzione si ponga in contrasto con il diverso approccio volontaristico che è invece alla base dell’esegesi della previsione di cui all’art. 803 c.c., deponendo in tal senso anche le differenze di disciplina ed effetti evidentemente esistenti tra le due norme".

Non è di ostacolo all'applicazione dell'art. 687 c.c. nemmeno la circostanza per cui nel caso "de quo" non si tratti di riconoscimento, come letteralmente richiesto dalla norma, ma di dichiarazione giudiziale di paternità, in quanto "la Corte,ancorché abbia rilevato che l’interpretazione della espressione “riconoscimento di un figlio naturale”, di cui all’art. 687, primo comma, cod. civ. non possa essere dilatata fino a ricomprendervi la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, non potendo la revoca del testamento a seguito del verificarsi di tale evento essere ricollegata ad un’applicazione diretta della norma in questione, ha però fatto leva sulla previsione di cui all’art. 277, primo comma, cod. civ., la quale stabilisce che la sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti di un riconoscimento".

Quindi, l'art. 687 c.c,, allorquando si riferisce al riconoscimento, non può ritenersi precluda l'applicazione della norma anche per il caso di dichiarazione di filiazione per sentenza, in quanto l'art. 277 c.c. stabilisce l'equiparazione tra la dichiarazione giudiziale di paternità/maternità ed il riconoscimento volontario.

Inoltre, fondamentale è rilevare che mentre l'art. 803 c.c. prevede la possibilità di escludere la revocazione di diritto della donazione provando che il donante era a conoscenza dell'esistenza del figlio al momento della donazione, una siffatta disposizione manca per la disciplina della revocazione del testamento.

Per cui, i Giudici della Cassazione concludono nel senso che "la norma dell'art. 687, che fa evidentemente riferimento al caso di figlio postumo, va riferita anche all’ipotesi in cui il testatore fosse consapevole, nel momento in cui testava, dell’avvenuto concepimento, apparendo condivisibile l’opinione dottrinale secondo cui, a voler diversamente opinare la norma dovrebbe essere altrimenti classificata come superflua, in quanto il caso in cui il testatore, nel momento in cui testava, non fosse consapevole dell’avvenuto concepimento, ben può essere infatti compreso già nell’ambito di riferimento della previsione generale che ha riguardo alla ignoranza di figli. La più volte ribadita equiparazione della condizione del figlio, la cui paternità sia frutto dell’accertamento giudiziale a quella degli altri figli, impone quindi di estendere tale previsione anche all’ipotesi in cui il genitore, all’epoca di redazione del testamento, fosse cosciente dell’esistenza del figlio, che solo in epoca successiva al decesso abbia però introdotto la domanda di accertamento giudiziale".

 

Per questa ragione, secondo la Corte, anche se è dimostrato in giudizio che il testatore era a conoscenza di avere una figlia, il fatto che non l'abbia mai voluta riconoscere, e che non le abbia lasciato nulla per testamento, non esclude che, una volta ottenuto il riconoscimento giudiziale, la prole possa valersi della revocazione di diritto ex art. 687 c.c.

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